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al testo di Amina Narimi
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Riesci ancora a piangere? e.. dove attingi la tua voce dove sei arrivato? Dove attingo la mia voce è dove sono giunto Animamia
alla vita al piacere al riso. Il neonato si consolidava nell’incanto della voce, bolla di respiro e insieme suono, il qi al centro del mio hara, Appena sotto l’ombelico, dove l’apnea resiste a lungo
come si sta in piedi?- Vibra! - Mi hai risposto - al di qua della lingua, dimentica parole, nessun coagulo. Soffia l’ideogramma con il ventre.
Fin dalla tua venuta al mondo se al dolore profondo di un pianto fai seguire un grido di gioia il suono rimane lo stesso generando la voce più bella- E' un gran giorno,
dall’esistenza alla vita, se conoscere è fare l’amore oltre il muscolo largo e sottile che separa l’addome dal petto.
Lassù ho tremato, cadendo per tirare il filo di lana uscito dal foro al cestino - all’ovile del suono- poi salendo come una pianta ho ripreso a cadere, tra gli armonici gravi di una persona e un bambino che indugia agli acuti.
Due vie sono le voci, aria e radice, mio piccolo cantore- il duale apparente si risolve nella triade occulta che Noi ama:
il serpente sputa il veleno nella coppa in cima al bastone risplende l’albero di Jule fiorisce nuova la noce.
Non c’è canto, sai, che non sprofondi in terra, per essere celeste forza del grido di un piccolo d’uomo, come il più benevolo dei tuoni, e arco umano teso non ancora- per impregnare la freccia con il qi;
il silenzioso il turgido divino risuonando con tutte le sorelle indietro in basso nella parte alta della bocca dove tutti i suoni prendono il suo posto come l’acqua nel vapore - se lui canta
fino alla vigilia della morte per rendere il respiro nell’accordo del fondamentale, in altre onde, onde più sottili, in animali
è uno sgorgare calmo e maestoso il capovolgimento di una stella, la rotazione del bacino mentre vibra per cantare nel giubilo il non detto.
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